langtang-gosainkund trek ( nepal )

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Avvicinamento: da Kathmandu a Syabrubesi

Il trek si dimostra subito faticoso, infatti prima ancora di mettersi in marcia bisogna affrontare un estenuante viaggio di 10-12 ore in autobus per raggiungere il piccolo villaggio di Syabrubesi che si trova in fondo alla valle del Langtang. Questo bus e’ veramente pessimo, con posti scomodissimi e letteralmente tenuto insieme con lo scotch. Alla fine il viaggio durera’ piu’ di 12 ore a causa di due forature e innumerevoli altri inconvenienti. La strada, specialmente nell’ultimo tratto, e’ veramente da brivido. Due ragazze spagnole con le quali ho fatto amicizia poi in albergo ( e che incontrero’ di nuovo all’ambasciata indiana e poi a kathmandu ) se la sono fatta tutta sul tetto: secondo loro e’ leggermente piu’ comodo, ma la vista sul baratro sottostante non e’ per nulla piacevole, soprattutto quando l’autobus finisce in uno di quei crateri stradali che qui chiamano buche.

Ci sono molti turisti, anche qualche gruppone, la scusa ufficiale e’ che a causa del maltempo l’aeroporto di Lukla e’ rimasto chiuso per molti giorni ( con pare 2000 tizi rimasti senza alloggio e poco o nulla da mangiare ) e quindi molti trekkers che volevano fare l’EBC sono stati dirottati qui nel Langtang o nell’Annapurna. Comunque anche quando il tempo migliorera’ incontrero’ molti turisti in salita, ho il sospetto che questo trek ormai non sia piu’ cosi’ “tranquillo” come molti sostengono, e probabilmente in un paio d’anni anche qui si inizieranno a vedere le interminabili processioni che si vedono verso i campi base dell’Everest e dell’Annapurna.

Syabrubesi ( 1600 m circa ) e’ un tranquillo villaggio senza grandi attrattive ( e comunque piove, magari con il sole c’e’ qualche bella vista sulla valle ), ma tutto sommato adatto a passare qualche ora di relax prima di iniziare a salire.

Primo giorno: da Syabrubesi a Lama Hotel ( 5.30 ore )

langtang trek

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Tappa abbastanza semplice e non troppo faticosa, perfetta come primo approccio alla valle che si rivelera’ piu’ impegnativa nei giorni seguenti. Si attraversano i due ponti sospesi sui fiumi e quindi si inizia a salire seguendo la sinistra orografica del fiume. Questo primo giorno di trekking lo faro’ in piacevole compagnia: al check point di Syabrubesi incontro di nuovo Monica, una simpatica donna tedesca che vive in Svizzera e che avevo conosciuto il giorno precedente sull’autobus. Anche lei e’ da sola e decidiamo di salire insieme. Ha lo zaino piu’ pesante del mio ma tiene il mio passo senza problemi. La maggior parte dell’itinerario si svolge nel bel bosco, con interessanti scorci sulle alte ed impetuose cascate che si tuffano nel fiume dai bordi della valle. Dopo un paio di pittoreschi villaggi si giunge prima a Riverside ( sosta te’ ) e quindi a bamboo ( sosta pranzo ), dove ci sono tre lodge e in teoria delle scimmie che non abbiamo visto pero’. Le ultime 2 ore sono le piu’ impegnative, con lunghi tratti di ripide scalinate in pietra.

Si giunge infine a Rimche ( altre 2 o 3 guesthouses ) e pochi minuti dopo a Lama Hotel ( 2450 m ). In questo villaggio tutti mi sono parsi disonesti e avidissimi di soldi, alcuni dei veri e propri stronzi, e ho evitato il litigio solo perche’ era il primo giorno. In ogni caso dopo varie ricerche riusciamo a trovare solo una stanza piccolissima da dividere, ma a Monica il posto non piace e decide di andare nel villaggio seguente. A quel punto quando i tipi del lodge realizzano che sono rimasto da solo mi dicono che non possono lasciarmi la stanza, perche’ era gia’ prenotata. Mi offrono un letto gratis in cucina e il te’ gratis e a quel punto accetto senza troppe discussioni, anche se li avrei presi tutti volentieri a calci nel culo.

Secondo giorno: Lama Hotel-Gumba ( 4.30 ore )

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Uno dei giorni piu’ belli del trek. E’ tornato il bel tempo, il cielo e’ sgombro da nuvole e tra gli alberi si iniziano ad intravedere le gigantesche vette innevate del gruppo del Langtang. Partenza al mattino presto, non vedevo l’ora di mollare i disonesti personaggi di Lama Hotel e i loro amati grupponi di turisti. Il sentiero nella prima parte sale abbastanza ripido ma non con pendenze esagerate, sempre fiancheggiando l’impetuoso fiume. Bellissima la vista in questo tratto dell’elegante cupola del Langtang II. Si attraversa quindi una radura dove c’e’ un lodge ( dove immagino si sia fermata Monica ) e si affronta lo strappo piu’ impegnativo del giorno verso Ghora Tabela, dove si superano i 3000 metri e c’e’ forse la prima vista interessante sul Langtang Lirung, anche se parzialmente coperta da una cima minore. Si passa un check point dell’esercito e da questo punto la salita diventa molto piacevole, con diversi tratti quasi pianeggianti. C’e’ solo un tratto faticoso prima di raggiungere il pittoresco villaggio di Thangshyap, dove mi fermo a mangiare da una simpatica vecchina tibetana.

In soli 45 minuti raggiungo Gumba ( 3450 m circa ), un piccolo villaggio a pochi minuti da Langtang, dove vengo approcciato da una simpatica ragazza che mi offre l’alloggio gratis, dovrei pagare solo il mangiare. Il posto e’ accettabile, l’ambiente e’ familiare, non ci sono turisti, c’e’ un superbo panorama, la ragazza e’ molto carina e hanno la doccia con l’acqua calda. Accetto volentieri la proposta e decido di fermarmi. Vado quindi ad esplorare il Langtang village, che e’ veramente stupendo, con case e lodges fatti in pietra con finestre colorate, donne con il classico abito tradizionale tibetano, yak che pascolano tra i prati. Anche la vista sulle montagne e’ notevole, anche se non cosi’ ampia come quella da Kyanjing Gompa. C’e’ una pace quasi irreale. Questo e’ senza dubbio uno dei villaggi di montagna piu’ belli che abbia mai visto. Mi mangio un’ottima apple pie, faccio qualche foto qua e la’, mi fermo ad osservare un grosso yak. In serata mi faccio una bella doccia, ceno con la famiglia del lodge e mi vedo con loro Jurassic Park.

Terzo giorno: Gumba-Kyanjin Gompa ( 2,30 ore )

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Giornata interlocutoria di puro relax. Lasciati Gumba e il villaggio di Langtang si sale quasi in falsopiano tra mandrie di yak e muri di preghiera buddisti, in un paesaggio ormai tipicamente himalayano. Gli alberi hanno lasciato il posto a bassi cespugli di rovi ed erbacce e le montagne ormai vicinissime rivelano le loro impressionanti pareti verticali di ghiaccio alte migliaia di metri. Anche qui dominano i colori dell’autunno, con ovunque bellissime sfumature di rosso, giallo ed arancione. Siamo ormai oltre i 3500 metri e malgrado la pendenza del sentiero non sia molto impegnativa si inzia a percepire la carenza di ossigeno nell’aria e i passi si fanno sempre piu’ faticosi. Anche Kyanjin Gompa ( 3850 m ) e’ un bel villaggio ma a differenza di Langtang mi e’ sembrato troppo “perfetto” per essere un villaggio himalayano in una zona remota ad un passo dal Tibet. La sensazione e’ che piu’ che un villaggio tradizionale sia il villaggio tradizionale che i turisti vogliono vedere. E in ogni caso ci sono praticamente solo lodges, piu’ una latteria che fa anche il formaggio di yak e poco altro. E nemmeno qui la gente mi e’ piaciuta particolarmente: mi hanno ricordato gli indiani di certe citta’ turstiche, che sono simpatici solo se ti fai spennare a dovere senza discutere.

Sulla “location” del posto invece c’e’ poco da eccepire: e’ un luogo realmente straordinario con un superbo panorama a 360 gradi sulle montagne e sui ghiacciai circostanti ( in realta’ il villaggio si trova esattamente sulla testata del ghiacciaio del Lirung ). E davvero basta farsi una passeggiata di qualche ora nei dintorni per farsi travolgere dalla bellezza selvaggia del paesaggio himalayano.

Quarto giorno: salita del Charkori ( 7 ore )

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Visto da Kyanjin Gompa questo Charkori mi sembra quasi il Monte Paularo ( cima panoramica delle Alpi Carniche di circa 2000 metri ) ma invece e’ una montagna di tutto rispetto alta piu’ del Monte Bianco, e che solo qui in Himalaya puo’ essere considerata una cima minore ( probabilmente se non fosse diventata popolare tra i trekkers non avrebbe neanche un nome ). La salita e’ piuttosto impegnativa e malgrado non ci siano difficolta’ tecniche si tratta di superare un dislivello di circa 1300 m a quote molto alte, con diversi tratti molto ripidi.

La prima parte e’ molto ripida, ed e’ meglio salire piano dall’inizio per non sprecare troppe energie che saranno molto utili nella parte finale. Il sentiero e’ sempre ben evidente e facile da seguire, si alternano tratti ripidi ad altri quasi pianeggianti.

Dopo un ultimo tratto davvero molto ripido si guadagna la base della cupola finale dove inizia la parte piu’ impegnativa, non tanto per i passaggi tra le rocce ( neve e ghiaccio ) ma per le difficolta’ con l’altitudine. Gli ultimi 100 metri li ho fatti praticamente in apnea, ma tutta questa fatica e’ stata ben ripagata dallo straordinario panorama che questa cima offre. La quota della montagna non e’ ben chiara, le vecchie mappe indicano 4984 m ma le guide ora dicono che invece la montagna e’ alta 5050 m, ma potrebbe anche essere una balla per i turisti che cosi’ avrebbero modo vantarsi di aver conquistato un “5000”. Dalla vetta si possono ammirare diverse cime molto belle e selvagge, tra le quali spiccano senza dubbio, oltre al gigantesco Langtang Lirung, il Kimshung, il Lengpo Chang, il Karpori, il Gangchenpo, il Nayaganga…

Quinto/Sesto giorno: Kyanjin Gompa-Rimche ( 5 ore )/ Rimche Thulo Syabru ( 4.30 ore )

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Due tappe interlocutorie senza particolari attrattive, a parte la salita al pittoresco villaggio di Thulo Syabru, che regala qualche scorcio interessante sul gruppo del Ganesh Himal.

Il primo giorno si ripercorre in discesa circa meta’ della Valle del Langtang fino al piccolo villaggio di Rimche ( 2430 m ) dove ci sono tre o quattro lodges. La discesa e’ piacevole e non molto faticosa, e come spesso accade c’e’ modo di apprezzare di piu’ il paesaggio e i piccoli dettagli nel bosco. Mi fermo ovviamente a salutare la bella ragazza del lodge di Gumba. Pensavo che a Rimche ci fosse meno gente che nel vicino e piu’ noto Lama Hotel, ma la guesthouse si riempie rapidamente e alla fine mi tocca pure dividere la stanza con due pensionati giapponesi (?). I tipi del lodge pero’ sono molto piu’ simpatici e gentili di quelli avidissimi di Lama.

Da Rimche si scende fino a Bamboo e quindi fino al Riverside Hotel ( circa 1700 m ). In questo tratto incontro di nuovo Monica che sta scendendo insieme ad un altro strano tizio tedesco, Klaus. Ci scambiamo qualche esperienza del trek bevendo un buon hot lemon ma poi ci separiamo quasi subito: io devo salire a Thulo Syabru mentre loro tornano a Syabrubesi e poi a Kathmandu. Il sentiero sale con ripide serpentine fino ad un piccolo tea shop e dopo un tratto di falsopiano scende nel profondo canyon, dove c’e’ da attraversare un lungo e ardito ponte sospeso d’acciaio. Nel frattempo le montagne del gruppo del Ganesh Himal fanno capolino oltre le colline. Si risale infine l’altro lato della valle fino a raggiungere il bel villaggio di Thulo Syabru ( 2200 m ), dove c’e’ gente simpatica, belle case contadine tradizionali e perfino un internet cafe.

Settimo giorno: Thulo Syabru-Chalangpati ( 5.30 ore )

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Tappa abbastanza noiosa a causa del maltempo, ma con bellissimi tratti nel coloratissimo bosco avvolto dalla nebbia. Lasciata Thulo Syabru si sale faticosamente nel bosco di conifere e rododendri giganti per circa 3 ore fino a guadagnare un passo a circa 3200 m dove ci sono un paio di lodges/ristoranti. Quindi si svolta a sinistra e si segue il sentiero quasi pianeggiante che ci conduce in meno di un’ora a Shing Gompa ( 3300 m ), un villaggio abbastanza carino dove c’e’ un’altra latteria. Inizialmente volevo fermarmi in questo villaggio ma come spesso accade in questi trek mi hanno dato delle indicazioni sbagliate sui tempi, e alla fine ho deciso di fermarmi solo a pranzo e di proseguire per il villaggio successivo. Dopo circa un’ora di cammino in un’atmosfera veramente irreale giungo quindi a Chalangpati ( 3850 m ), che non e’ un villaggio ma ci sono due lodge, scelgo quello tibetano con la stufa in funzione per tutto il giorno. Oltre a me ci sono una coppia di buffi francesi di Grenoble e due simpatici ragazzi argentini che stanno per concludere il classico RTW, stranamente proprio in Italia e in Francia ( dopo la tappa d’obbligo in India ). Chiacchieriamo per un po’ dei nostri paesi e di quelli visitati, poi la discussione finisce inevitabilmente sul calcio, Sensini, Balbo, il Pampa Sosa… e ovviamente Messi e Maradona. E non ci sono dubbi su chi sia il piu’ grande…

Ottavo giorno: Chalangpati-Gosainkund ( 3.30 ore )

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Salita breve ma abbastanza faticosa al Lago Sacro Gosainkund. Il tempo fortunatamente e’ migliorato, anche se il cielo non e’ limpido, ma comunque il panorama sulle montagne e sulle vallate e’ davvero notevole, soprattutto da Lauribina Yak e dal Buddha Mandir. L’ultima parte si sviluppa sul fianco della montagna e regala scorci notevoli sui laghi, che si trovano su livelli diversi e sono alimentati dalle acque del lago che si trova piu’ in alto. Si giunge infine al Lago Gosainkund ( 4460 m ) dove ci sono molti turisti e dove i gestori dei lodge sono dei cafoni con delle gran belle facce da schiaffi. Dopo varie contrattazioni riusciro’ ad ottenere solo una stanza da dividere con un israeliano. Se dovessi rifare questo trek non mi fermerei a Gosainkund: il lago e’ bello ma niente di eccezionale, c’e’ di meglio anche in Italia, e secondo me la vera bellezza del luogo la si apprezza nella parte di marcia da Lauribina Yak al passo Lauribina; ci sono troppi turisti e sembra di stare in un rifugio delle Dolomiti in una domenica d’agosto; fa molto freddo e i tipi dei lodge accendono il fuoco solo dopo le 4. Quindi secondo me la mossa migliore e’ fermarsi a Lauribina Yak, salire la mattina al lago, passarci un paio d’ore ( obbligatoria la pradkshina, il giro rituale attorno al lago in senso orario ) e quindi salire al passo e scendere verso Phedi o Ghopte.

Nono giorno: Gosainkund-Therapati ( 8 ore )

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Una delle tappe piu’ belle ma anche la piu’ faticosa e impegnativa. Dal Lago Gosainkund si sale verso il passo Lauribina ( 4610 m ), un luogo veramente spettacolare dove ci sono altri quattro laghi e un panorama sulle montagne realmente straordinario. Si inzia quindi la lunga discesa sul lato opposto, dove ci sono 10/15 cm di neve e dei tratti ghiacciati. Poco prima di raggiungere Phedi entero’ in una nuvola e non vedro’ piu’ nulla per il resto della giornata. A Phedi si svolta a sinistra si inizia a percorrere una lunga serie di saliscendi davvero molto faticosi. In questo tratto incontrero’ diversi esemplari di Daphne, una specie di fagiano coloratissimo nepalese. Mi fermo quindi a Gopte per il pranzo, mentre nel frattempo inizia a piovere piuttosto forte. Mi mangio un buon piatto di “cheese macaroni” e dopo un paio di tazze di te’ decido che e’ troppo presto per fermarsi, e appena la pioggia cala un po’ di intensita’ mi avvio deciso verso Therapati, che dista circa due ore di cammino. La pioggia ben presto si trasforma in nevischio, ma comunque riesco a proseguire senza problemi, anche se la visibilita’ e’ davvero scarsa. Raggiungo infine Therapati dove non si vede a un passo e inizio a cercare un lodge. I primi due sono ovviamente al completo, ci sono due grupponi di francesi che stanno facendo circa il mio stesso itinerario e la mattina presto mandano una “lepre” ( una delle guide ) a prenotare l’intero albergo. Il terzo invece fortunatamente e’ vuoto, ma probabilmente e’ il migliore per la vista e soprattutto perche’ hanno una stufa bella grande in funzione tutto il giorno. In serata arriveranno un gruppo di simpatici spagnoli organizzatissimi ( sono in 5 e hanno 2 guide e tre portatori ) e un tipo inglese molto “british” ( gli mancava solo la bombetta ) che stava facendo il circuito dell’Helambu.

Decimo giorno: Therapati-Thodang Betini ( 7.30 ore )

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Straordinaria l’alba a Tharepati, con il sole che sorge tra le nuvole che si trovano almeno un migliaio di metri piu’ in basso. Tappa quasi interamente in discesa, abbastanza bella per i villaggi tradizionali che si attraversano e per i bei tratti nel bosco dai tratti fiabeschi. Queste ultime due tappe possono creare qualche problema di orientamento, bisogna stare attenti alle frecce che le guide tracciano per terra con i bastoni. Il tempo dopo un accenno di miglioramento volge decisamente al peggio, e una volta raggiunto Gul Bhanlyang mi aspetto l’inizio del temporale da un momento all’altro. Decido pero’ di proseguire ugualmente fino al villaggio successivo, con il chiaro intento di seminare una volta per tutte i grupponi degli insopportabili francesi ( per gli amici francesi: non ce l’ho con TUTTI i francesi, ma con QUESTI francesi, gente che non ha rispetto per niente e per nessuno e che la montagna dovrebbe vederla solo in cartolina ). Arrivo quindi a Thodang Betini, dove c’e’ una bella guesthouse che sembra uno dei nostri casali di montagna gestita da una simpatica donna che mi indica la stanza e quindi mi saluta. La rivedo la sera per cena, degli ottimi noodles con verdure in compagnia della famiglia accanto al piccolo focolare.

Undicesimo giorno: Thaton Betini-Kathmandu ( 7 ore )

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Ultima tappa del trek che mi aspettavo nel complesso meno faticosa, ma in realta’ ci sono da affrontare un paio di belle e toste salite prima dell’ultimo scollinamento e della discesa finale verso Mulkarka e Sundarjal. La pioggia e’ stata incessante per tutta la notte ma fortunatamente smette proprio prima dell’alba, e malgrado il cielo sia ancora molto grigio e cupo riesco a partire almeno all’asciutto. Da Betini si segue per un tratto la strada sterrata per poi deviare a sinistra verso Chipling ( freccia e cartello ) dove si inizia una lunga discesa verso il bel villaggio di Pati Bhanlyang, dove mi fermo da un vecchio per un chai e dei biscotti. Il vecchio parla un inglese stentato ma e’ interessato a sapere quanto costa un dal bat al lago gosainkund e rimane allibito quando gli dico che costa 500 rupie, circa 7 volte il prezzo al villaggio. Nel frattempo il villaggio viene invaso da un gruppone di almeno 30 turisti: una scena raccappricciante, con gente che entra nelle case senza chiedere permesso e che e’ pronta a tutto per fare la foto piu’ originale. Purtroppo i nepalesi sono troppo educati e rispettosi per prenderli a calci nel sedere come meriterebbero. Poco dopo il villaggio inizia la ripida salita verso Chisopani, dove dopo un tratto in piano troviamo il check point del Parco Sivapuri. Si scende quindi per un centinaio di metri per poi lasciare strada ( cartello sundarjal ) e iniziare l’ultima salita del giorno che ci porta ad una piccola forcella. Immagino che in questo tratto ci sia una discreta vista sulle montagne che io pero’ non ho visto causa maltempo. Dalla forcella non resta che scendere a tutta nel bosco fino a raggiungere prima il bel villaggio di Mulkarka e quindi Sundarjal, dove il trek si conclude e si puo’ prendere l’autobus per Ratna Park a Kathmandu.

Conclusioni

Il trek mi e’ piaciuto molto, anche se si e’ rivelato piuttosto diverso da come spesso viene descritto. In primo luogo va sottilineato che non e’ piu’ un trek cosi’ “off the beaten path”, dove cammini nella natura selvaggia e incontri qualche turista ogni tanto. In realta’ e’ piuttosto frequentato e in certi posti si e’ letteralmente circondati da grupponi di turisti. Certo non siamo ancora ai livelli dei trek nell’Annapurna NP e dell’Everest base camp e non ci sono le famigerate, interminabili, “processioni” di trekkers, ma comunque soprattutto nei villaggi si ha la sensazione di essere in un luogo turistico. Una cosa che mi ha sorpreso negativamente e’ stata la cafoneria, la maleducazione e l’estrema avidita’ di molti gestori di lodge e ristoranti, che non avevo trovato nemmeno nel trek al santuario dell’Annapurna e praticamente mai nei miei precedenti viaggi in Nepal. Mi ha dato molto fastidio venire spesso trattato come un trekker “di serie B” solo perche’ ero da solo senza guide o portatori ed evidentemente non spendevo abbastanza. Turisti in gruppo che non avevano mai visto una montagna in vita loro ovviamente venivano trattati come re. Devo comunque precisare che non ho trovato questo atteggiamento nei lodge piu’ piccoli nei villaggi intermedi, dove anzi mi hanno trattato come un familiare. Alcuni dicono che in questo trek la vista sulle montagne non e’ cosi’ eccezionale ma secondo me o hanno trovato brutto tempo, o non sono andati nei posti giusti oppure hanno bisogno di un buon paio di occhiali, perche’ sia in fondo alla Langtang Valley che dai laghi GosainKund il panorama e’ realmente strepitoso. E debbo dire che la possibilita’ di salire una vera cima e non il solito viewpoint peak, e godere di un panorama realmente a 360 gradi sulle montagne himalayane e’ senza dubbio un punto a favore rispetto ad altri trek. Il trek e’ nel complesso abbastanza faticoso, soprattutto i primi giorni quando si deve ancora trovare il ritmo giusto e ci sono da affrontare dislivelli piuttosto impegnativi. Non ci sono particolari difficolta’, solo qualche possibile problema di orientamento gli ultimi giorni nel tratto dell’Helambu. Il tempo e’ stato direi buono, con solo un giorno di pioggia/neve e un paio di nuvoloso ma con un bel sole nei giorni piu’ importanti. La temperatura e’ ovviamente molto bassa in quota ma malgrado il sacco a pelo leggero posso dire di aver sofferto il freddo solo a Gosainkund. I trekkers indipendenti sono sempre piu’ rari, ma tutti quelli che ho incontrato si sono rivelati persone molto interessanti e grandi amanti della montagna. Dal mio punto di vista per un percorso del genere guide e portatori sono assolutamente inutili, e i 20/30 euro al giorno che chiedono possono essere sicuramente spesi molto meglio altrove. La realta’ e’ che ormai la gran parte delle persone che vengono qui in Nepal a fare trekking sono dei “turisti della montagna”, gente che di questo ambiente non sa nulla e non sa cosa aspettarsi facendo questo tipo di escursioni. Vanno in montagna con lo stesso spirito di chi va a vedere il Taj Mahal o la Grande Muraglia, e nella maggior parte dei casi le montagne le hanno viste solo sui libri o su internet. Ho visto dei gruppi veramente esilaranti, da quelli vestiti da simil-tirolesi a quelli in tenuta da “campagna d’Africa”, e ammetto che mi sono dovuto trattenere per non ridergli apertamente in faccia. Ma i piu’ ridicoli per me sono quelli che per fare lo stesso trek che ho fatto io da solo e con quattro soldi si muovono come se stessero facendo una spedizione alpinistica in qualche regione remota dell’Himalaya. Hanno un numero esagerato di guide, portatori, cuochi, e sono tutti vestiti da alpinisti, goretex ( quello vero, non quello farlocco che vendono a Thamel ) dalla testa ai piedi, alcuni hanno perfino gli scarponi da ghiacciaio estremo.

Spese

Il trek mi e’ costato in totale ( compresi biglietti di autobus, permesso trekking e biglietti dei parchi ) attorno ai 100 euro, 12 giorni da Kathmandu a Kathmandu.

Autobus: Kathmandu-Syabrubesi 500 r, Sundarjal-Kathmandu 40 r

Permesso Tims ( da fare a Bhrilkuti Mandap, vicino al city bus stand di Ratna Park, servono due foto ) 1560 r

Biglietti parchi: Langtang NP 1000 r, Sivapuri NP 250

Lodges: in media 200 r, spesso bisogna contrattare anche se in teoria i prezzi sono fissi. Qualcuno offre alloggio gratis se ti fermi a pranzo, cena e colazione. Sono quasi tutti accettabili e puliti, segnalo il Pema a Gumba, il Ganesh Himal a Thulo Syabru e il Top lodge a Thodang Betini, tutti gestiti da famiglie oneste e gentilissime.

Ristoranti: i prezzi dipendono dalla quota, piu’ il villaggio e’ in alto piu’ si paga. Comprensibile ma secondo me stanno un po’ esagerando, considerando che tre anni fa nel trek dell’Annapurna tutto costava in media 2/3 volte di meno. In genere io prendevo una minestra e i macaroni ( ottimi carboidrati ) per circa 300/400 rupie. Da evitare il dal bat che costa moltissimo e si puo’ mangiare molto piu’ buono ed economico a Kathmandu o in giro per il Nepal. L’acqua la purificavo con il classico piyush, 30 rupie al supermercato in centro a Thamel.

 

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Author: thedharmabum

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